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La solitudine dei numeri prima

“Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero.”




La solitudine dei numeri primi è stato scritto, è il primo romanzo di Paolo Giordano. Pubblicato nel 2008 è un'edizione Mondadori.


Il libro l'ho scoperto un po' tardi, soddisfatta di aver trovato un libro bellissimo e singolare tra gli scaffali della mia piccola libreria di città, le risposte che ricevetti dopo erano solo "Ah si, è famosissimo!"

Avrei dovuto leggerlo prima, forse si, ma posso dire di essere stata fortunata a trovarlo solo adesso, dopo aver raggiunto un'età tale che mi ha permesso di capire il suo significato reale.

Avete presente quei finali che vi sconvolgono, vi fanno incazzare, ma vi piacciono da morire anche se non ne capite realmente il motivo? Ecco, il finale di questo libro vi darà proprio queste emozioni.


Anna e Mattia, due vite parallele, diverse, ma unite da un filo invisibile. Vorrei poter raccontare la trama di questa bellissima storia, ma ho deciso di non farlo, di limitarmi a raccontare solo le emozioni che tale storia mia ha lasciato, perché credo che andare alla ricerca di tali emozioni senza sapere a cosa si va incontro, aumenti di più il suo significato.

Due persone eternamente sole, circondate in realtà da tante persone, ma che ad ogni parte della loro storia, ti racchiudono sempre di più nella loro nuvola nera che non gli permette di vivere la vita realmente come tutti gli altri.

Alice, le sue problematiche così comuni, la sua avversione fino alla fine nel non volerlo ammetterlo e a rigettare chiunque glielo faccia notare, mi ha portato ad odiarlo come personaggio singolo e senza riuscire a capirla a pieno se devo dire la verità.


Mattia, personaggio singolare, l'unico che subisce un cambiamento alla fine della storia, è quello che invece mi ha dato più soddisfazione. Non ha realmente cambiato il suo modo di essere, ma i suoi slanci, i suoi provare a fare qualcosa di nuovo, qualcosa al di fuori dalla sua comfort zone, mi ha insegnato che non serve cambiare per far felici le persone che ci circondano o la società, basta provare, dire di averci provato ed essere fieri di noi stessi per averlo fatto. Ciò che accade dopo è solo superfluo.


Come ho detto prima, i due personaggi presi singolarmente, posso risultare quasi piatti, ma messi insieme creano una vera bomba in fase di esplosione. Ti tengono incollato alle pagine, sperando che quel filo invisibile che li unisce si accorci e li unisca davvero e anche se non sembrano mai arrivare ad un punto di incontro, loro ci arrivano, eccome se ci arrivano, bisogna solo entrare e capire meglio i loro mondi.


“Lei e Mattia erano uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l’uno nell’altra.”


Se lo avessi letto qualche anno fa, magari all'anno di pubblicazione, molto probabilmente non avrei capito quel finale così particolare, così sconnesso, ma così reale che all'ultima riga sorridi e senti un senso di liberazione insieme al personaggio che viene descritto.

Se lo avessi letto qualche anno fa, avrei gettato il libro nello scaffale, lo avrei odiato per aver perso tutto quel tempo senza avere un finale degno di merito e invece mi sento di poter dire, e lo ripeto, di averlo letto all'età giusta. Mancavano gli ultimi due capitoli e ho deciso di chiudere il libro, ho deciso di darmi tempo per leggere quella fine, quasi consapevole che sarei andata in contro a qualcosa di diverso. Avevo bisogno di staccarmi un attimo da tutte quelle emozioni, di riflettere, rielaborare la situazione, di finirlo a mente lucida e credo di aver fatto la scelta più giusta.


Non mi sento di consigliarlo a nessuno in particolare, solo a chi ha voglia di leggerlo realmente, solo a chi ha voglia di sedersi accanto ad Alice e Mattia senza giudicarli.

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